Ordinanza n. 290 del 1991

 

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ORDINANZA N. 290

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1990 dal Tribunale di Torino nel processo penale a carico di Gorra Dario, iscritta al n. 128 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 22 maggio 1991 il Giudice relatore Giuliano Vassalli;

Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza dell'8 novembre 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui, secondo l'interpretazione delle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione, "non sono necessari ulteriori elementi, per l'integrazione della menzionata fattispecie penale, oltre quelli palesemente richiesti dalla norma, ossia la semplice omissione di indicazione dei componenti positivi di reddito in taluno degli atti indicati nell'art. 4 n. 7";

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo "che la questione sia dichiarata palesemente non fondata, a meno che si ravvisi ragione per restituire gli atti al giudice a quo";

Considerato che, con sentenza n. 35 del 1991, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui non prevede che la dissimulazione di componenti positivi o la simulazione di componenti negativi del reddito debba concretarsi in forme artificiose;

e che, pur essendosi, con l'art. 6 del decreto-legge 16 marzo 1991, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1991, n. 154, sostituito l'intero art. 4 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516 - così da modificare anche la stessa normativa oggetto di censura (v. lettera f del primo comma del nuovo testo) - poiché l'art. 7 del citato decreto-legge n. 83 del 1991, non contempla l'efficacia retroattiva della disciplina di cui all'art. 6 e, quindi, non deroga, in proposito, all'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, l'abrogazione della norma impugnata non comporta la restituzione degli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza (cfr., ancora - ma con riferimento all'identica prescrizione contenuta nell'art. 7 del decreto-legge 14 gennaio 1991, n. 7, non convertito in legge - sentenza n. 35 del 1991);

che, pertanto, la questione qui proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (v. ordinanze n. 85 del 1991, n. 149 del 1991 e n. 155 del 1991);

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 1982, n. 516, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 35 del 1991, nella parte in cui non prevede che la dissimulazione di componenti positivi o la simulazione di componenti negativi del reddito debba concretarsi in forme artificiose, questione sollevata dal Tribunale di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 3 giugno 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 18 giugno 1991.